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È ASSOLUTAMENTE CRIMINALE UTILIZZARE LA POLITICA PER FOMENTARE L’ODIO SOCIALE

VALTER NOVELLA RESPONSABILE DEI DIPARTIMENTI AFFARI INTERNI/TERRITORIALI, IMMIGRAZIONE E PUBBLICA SICUREZZA DEL PARTITO UNIONE CATTOLICA DICHIARA:” È ASSOLUTAMENTE CRIMINALE UTILIZZARE LA POLITICA PER FOMENTARE L’ODIO SOCIALE E COME DISGREGATORE DEI SANI RAPPORTI UMANI”. 

Immigrati e Sicurezza: un binomio non soltanto illogico e insensato, ma anche dannosissimo e letale. Letale per la tenuta economica e sociale del Paese e destinato a colpire pesantemente proprio quella parte più debole della nostra società, sia essa formata da cittadini italiani piuttosto che da cittadini immigrati, che è stata strumentalizzata dalla “politica della paura”.

La fine, accolta con un sospiro di sollievo da tutte le persone di buona volontà e dalla comunità dei piccoli e medi risparmiatori e investitori finanziari, del governo gialloverde, il primo esecutivo bicolore populista della Storia d’Italia, ha coinciso o comunque sta coincidendo con la pur faticosa ripresa di un lavoro di pacificazione e di ricucitura del tessuto connettivo e relazionale sbrindellato e lacerato da 14 mesi incessanti di “oppressione social” portata avanti dalla componente nazional-sovranista dell’oramai ex ministro dell’interno Salvini. Quattordici mesi, senza considerare tutti quelli precedenti di permanente campagna elettorale sui vecchi e nuovi mass media, con i quali il conducator della Lega ha cercato, purtroppo anche riuscendoci nella prima fase, di creare un binomio forzato che fosse in grado di costituire un’arma di distrazione di massa dai reali problemi di azzeramento della crescita economica, di assenza di una politica estera e di cooperazione internazionale, di totale cronica incertezza generale – e lo diciamo due volte, GENERALE – del diritto e delle leggi civili e penali di questo Paese.

Il “capolavoro del Male”, il canovaccio dei professionisti del “nazionalismo de no antri”, è stato far passare il messaggio mostruoso secondo il quale gli Italiani stanno male perché sarebbero invasi, tenuti in ostaggio nelle loro case e città, derubati dei diritti sociali e lavorativi.

Eppure le evidenze vere dicono che gestire l’immigrazione come un semplicistico capitolo dell’ordine pubblico peggiora inevitabilmente tutte quelle situazioni sulle quali i populisti hanno in questi mesi e anni recenti costruito il proprio consenso demagogico che, in quanto basato su fattori di tipo emotivo ed emozionale, è destinato a declinare, presto o tardi (ma adesso probabilmente più presto di quanto si immagini), di fronte al crescere delle gravi e gravissime questioni irrisolte, e di fronte all’avanzare delle gravi e gravissime questioni e contraddizioni che prima non esistevano ma che ci sono state lasciate in “gentile eredità” da un simile irresponsabile modo di agire di “lor signori” al governo del Paese.

Considerare l’immigrazione un problema di sicurezza, o “securitario”, significa soltanto creare un gigantesco “FALSO IDEOLOGICO”, e trasformare un fenomeno epocale – figlio delle drammatiche sperequazioni fra Ovest ed Est e tra Nord e Sud del Mondo – da potenziale acceleratore della nostra ripresa interna – per tutti gli indicatori di imprenditorialità, lavoro, welfare ed entrate statali – in un freno a mano tirato contro la stessa. A giustificazione odiosa e pretestuosa del grande fallimento del sovranismo sul piano delle politiche giuridico-legali, diplomatiche e socio-economiche.

Laddove, anche in altri Paesi avanzati, si è scelta la via securitaria come approccio esclusivo al problema immigratorio, l’insicurezza complessiva è aumentata e non calata. OVUNQUE.

Non è difficile capirne i motivi. E da qui avere il coraggio di ammettere che si è sbagliato e intervenire diversamente. Come? Ecco come.

Il diritto a migrare non è soltanto un naturale diritto sancito dal Vangelo, dalla Dottrina sociale della Chiesa, dalla grande cultura del rispetto dell’Uomo per l’Uomo che ha sempre permeato l’Occidente dopo la fine del secondo conflitto mondiale e il crollo dei totalitarismi del secolo scorso. Il diritto a migrare è necessitato dalle spaventose condizioni di violenza etnica, militare e terroristica, di sfruttamento spudorato e continuo delle materie prime, di radicale cambiamento climatico che investono aree sempre più ampie del Pianeta.

Tanto che, molto chiaramente, la Dottrina della Chiesa specifica che, accanto al diritto sacrosanto a migrare, vi è anche quello a “non migrare”, vale a dire a trovare nel proprio Paese le possibilità per condurre una serena e dignitosa esistenza umana e familiare. Laddove ciò non sia possibile autonomamente, ecco che devono entrare in gioco sagge strategie di politica estera e cooperatrice da parte delle Nazioni dell’Ovest e del Nord del globo.

E qui sta uno dei più plateali fallimenti della politica interna ed estera dei gialloverdi. Sono gli stessi operatori delle forze dell’ordine, cronicamente sottorganico a causa di chi a capo del ministero dell’interno anziché indossare indebitamente le felpe della Polizia dovrebbe indossare le vesti istituzionali del politico che lavora a tempo pieno per trovare risorse e mezzi a favore dei nostri “angeli in Divisa”, a denunciare il clima che si vive all’interno dei cosiddetti centri di accoglienza o di rimpatrio: di fatto dei luoghi di detenzione incontrollati e incontrollabili dai quali si uscirà con l’unica prospettiva di girovagare per le nostre strade e non per andare incontro a espulsioni. Le quali non avverranno mai per due ordini di motivi, il primo perché il bilancio del ministero non ha soldi per rimpatriare, il secondo perché è giuridicamente impossibile se prima non si procede – in accordo con la Comunità europea e occidentale – a interventi nazionali e internazionali mirati a realizzare investimenti strutturali di tipo istituzionale, economico-produttivo e umanitario nei Paesi, africani e mediorientali, di origine e di transito dei cittadini migranti, dando luogo a opportuni  e necessari accordi bilaterali.

I decreti (in)sicurezza del leader leghista, canto del cigno della sua politica di innalzamento dell’asticella di uno scontro sociale di cui non vi era il bisogno – perché ad alimentare lo stesso ci pensano già purtroppo i disastri delle scelte industriali e lavorative del capo pentastellato e ministro della “deindustrializzazione” Di Maio, anch’egli politico sul meritato viale del tramonto – in questi mesi non hanno tolto la delinquenza, italiana e internazionale, dalle nostre città: più prevedibilmente hanno tolto diritti umani e umanitari, messo sullo stesso piano i cortei No Tav con le manifestazioni di coloro che scendono in piazza per difendere il proprio posto di lavoro minacciato dalle chiusure industriali, costretto migliaia e migliaia di immigrati a restare senza identità e a non poter accedere a piani indispensabili a favorire la loro accoglienza e la loro presentazione alla comunità italiana ospitante per essere poi avviati all’inserimento formativo e all’apprendimento tecnico-culturale e lavorativo.

Noi di Unione Cattolica abbiamo chiaramente indicato nel nostro libro programma “Cattolici uniti per benedire un’Italia Nuova” la soluzione di una politica immigratoria che ripristina diritti e doveri in capo ai cittadini sia Italiani che provenienti da Paesi terzi. La più straordinaria e proficua forma di integrazione e di responsabilizzazione del Migrante è quella di presentarlo alla collettività del territorio al quale egli è stato assegnato per ricevere ospitalità. In tal modo sarà possibile organizzare corsi di alfabetizzazione e professionalizzanti grazie ai quali lui e la sua famiglia potranno esercitare il diritto-dovere a un armonico e produttivo inserimento e dialogo con la popolazione e con il sistema economico locale. Solo così sarà prevenuto al massimo il rischio di scivolamento nell’economia sommersa o nel cono d’ombra dell’illegalità contro la quale – lo ribadiamo una volta per tutte – nessuna soluzione emergenziale, o discriminatoria circoscritta esclusivamente al capitolo immigratorio, sarà mai efficace fino a quando NON SARANNO GARANTITE DELLE LEGGI CIVILI, PENALI E PROCESSUALI CERTE E UGUALI PER TUTTI I REI E MALFATTORI, siano essi Italiani o immigrati.

Il ministro (ex) dell’interno, ossessionato dalla dottrina nazionalista dei “porti chiusi”, si sarebbe dovuto preoccupare delle “porte e dei portoni aperti” che si aprono negli istituti carcerari del nostro Paese dai quali escono, beneficiati da norme cavillose e farraginose, nostri ferocissimi connazionali che in alcuni casi sono anche i protagonisti del racket degli esseri umani e degli schiavi nei campi agricoli.

Vi è un bellissimo intervento dell’economista Tito Boeri, ex presidente dell’Inps, che ha dimostrato come l’immigrazione, attraverso le politiche di “integrazione responsabilizzante” che nel nostro programma vengono istituzionalizzate, permetta un saldo attivo per l’Istituto della previdenza pubblica di circa 7 miliardi all’anno fra entrate contributive e uscite di welfare State relative alla popolazione straniera residente in Italia. Non solo: l’economia e il mercato del lavoro, quando entrano in crisi, entrano in crisi per tutti senza creare alcuna sacca di privilegio fra gli immigrati o di discriminazione contro i nostri connazionali, e le basse paghe che, associate a condizioni schiaviste, si riscontrano in settori come la raccolta della frutta, dipendono da fenomeni di bassa produttività generale e di pericolosa infiltrazione criminale nel territorio dove si trovano gli appezzamenti agricoli, e sarebbero basse anche laddove paradossalmente a essere impiegati fossero in tutto o in gran parte operai e raccoglitori Italiani.

Viceversa, il lavoro immigrato favorisce quello italiano, sia che si svolga alle dipendenze, sia che assuma la forma del lavoro autonomo. Per esempio, perché consente a una famiglia di mantenere il proprio parente anziano in casa assumendo una badante, oppure perché, grazie a contratti regolari, sottrae interi settori come l’agricoltura al giogo della criminalità e consente benefici per tutti i lavoratori di quello specifico ambito della produzione.

Paradossale è che lo stesso governo Conte, nei propri documenti di economia e finanza, certifichi come dall’immigrazione netta, cioè dalla differenza positiva tra flussi in arrivo e flussi in uscita dal Paese, possano derivare benefici in termini di stabilizzazione e quindi di possibilità di ridurre e ammortizzare un debito pubblico altrimenti destinato ad aumentare per effetto delle minori entrate fiscali e previdenziali connesse alla crescente emigrazione di Italiani in età da lavoro verso altri Paesi e ai vincoli illogici posti all’immigrazione e all’ingresso lavorativo e regolare nel nostro Paese.

Vincoli che, viene ribadito dall’ex numero uno dell’Inps, non riducono la clandestinità, ma la aumentano a dismisura, deresponsabilizzando i cittadini migranti, consegnandoli alla criminalità locale o al lavoro sommerso che riduce diritti e tutele a tutti, togliendo risorse al sistema delle pensioni attuali, dal momento che senza entrate contributive addizionali si profilerà sempre il rischio di interventi restrittivi sugli stessi diritti acquisiti dai nostri pensionati e pensionandi.

Inoltre, secondo paradosso, sono le stesse statistiche del governo gialloverde a spiegare le motivazioni per le quali nelle carceri italiane la popolazione immigrata è sovrastimata al confronto con quella italiana: perché, a differenza dei detenuti locali, quelli originari di Paesi terzi non possono essere ammessi a forme di detenzione alternativa come gli arresti domiciliari. A riaffermazione di come il problema della sicurezza non c’entri nulla con la questione immigratoria ma c’entri moltissimo con la cattiva qualità delle leggi generali che abbiamo nel nostro ordinamento, che da una parte non tutelano né risarciscono le vittime dei reati e dall’altra non garantiscono strumenti e strutture di espiazione della pena e di rieducazione obbligatoria del detenuto come previsto dalla nostra Costituzione.

Come rimarca Boeri in un articolo pubblicato sul sito Lavoce.info, in perfetta linea di continuità con quanto andiamo denunciando fin dall’inizio dell’anno nel nostro libro programma: “Dei 45.000 rifugiati cui non è stata concessa la protezione internazionale dallo scorso giugno, solo 5.000 sono stati rimpatriati (fra l’altro, perché i dati sui rimpatri sono spariti dal sito del ministero degli interni?). Abbiamo così generato 40.000 immigrati illegali in più che vivono in Italia. (…) L’immigrazione irregolare, comunque venga alimentata, rende più appetibile elettoralmente il messaggio di chi ha dichiarato guerra agli immigrati”.

Come dichiara Papa Francesco, le piccole e grandi migrazioni sono la naturale tendenza degli stravolgimenti climatici e della presunzione che interi continenti come l’Africa possano essere sfruttati all’infinito dalla civiltà europea. La lotta contro la cultura dello scarto, che porta a escludere e criminalizzare chi è debole e non dispone di mezzi sufficienti e neppure di sopravvivenza minima, deve essere condotta sia nei Paesi di arrivo dei migranti, sia in quelli di origine e di transito, perché “bisogna investire dove c’è la fame”.

I populisti e sovranisti hanno fallito due volte: negando o comprimendo per legge il “diritto a migrare”, a tutto favore di condizioni di illegalità e sfruttamento che danneggiano gli stessi Italiani, e non facendo assolutamente nulla per garantire, soprattutto ai nostri giovani il “diritto a non migrare”.

Se prendiamo come valide le dichiarazioni espresse a luglio dall’ex ministro economico Tria, la fuga dei cervelli e dei talenti tecnici dall’Italia verso l’estero comporta al nostro prodotto interno lordo un danno pari a 14 miliardi di euro all’anno, questo proprio mentre l’immigrazione regolare in Italia produce entrate contributive pari a 14 miliardi annui a favore dei nostri pensionati e del nostro welfare.

“Cari” sovranisti, you understand?

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